Coronavirus: è tempo di fermarci

Coronavirus: è tempo di fermarci.

E non parlo solo dei negozi, delle palestre, dello stare in casa.

In questi giorni, è inutile dirlo, il CORONAVIRUS è entrato anche nei miei colloqui di psicoterapia, sia in presenza che a distanza (via skype/videochiamata).

“E’ ovvio”, penserà qualcuno, le persone hanno bisogno di sostegno, hanno paura, una paura che in alcuni casi arriva al panico.

Eppure, non mi riferisco esattamente a questo quando dico che il Coronavirus viene in seduta con noi… a distanza di sicurezza, si intende!

I miei pazienti hanno raggiunto quasi tutti un buon livello di “autorassicurazione” e di ascolto di sè, e la fase di contenimento e di elaborazione delle emozioni è davvero molto breve, in alcuni casi addirittura non necessaria.

Per questo, la domanda

come posso arginare la paura?

è sostituita quasi sempre da un’altra:

che significato ha nella mia vita il coronavirus e tutto ciò che comporta?

Ed è proprio su questo che sto lavorando con i miei pazienti.

L’impatto di questa emergenza è diverso per ciascuno, e va a dare senso, e in alcuni casi maggiore chiarezza, alle situazioni di vita preesistenti…lavoro, amore, famiglia.

Alcuni, che trascinavano rapporti ormai logori, hanno “sentito” nella pesantezza dello stare a casa forzatamente tutta la frustrazione di una vita di coppia morta da tempo, frustrazione che fino a questo momento erano riusciti ad arginare mettendo tra sè e il proprio partner mille cose da fare quotidianamente, e quando possibile anche molti km…

Per altri, i “limiti” giustamente stabiliti per la salute collettiva sono diventati lo specchio dei “freni” che ciascuno imponeva a se stesso, rivelando con estrema chiarezza quante occasioni, esperienze, situazioni di vita scegliamo di non cogliere per assecondare le nostre parti giudicanti e normative.

Alcuni hanno rivalutato i rapporti interpersonali interrotti, e si sono accorti di provare preoccupazione sincera per l’amico con cui avevano discusso e poi tagliato i ponti, per l’ex partner da cui si erano separati con rancore, per la sorella che non ricordavano quasi piu di avere.

Con alcuni ancora abbiamo riflettuto sul valore della distanza fisica:
“nella mia famiglia non ci siamo mai abbracciati nè baciati, eppure adesso che non possiamo farlo sento quanto è forte il desiderio e quanto amore abbiamo tenuto compresso”
…oppure…
“sono abituato al contatto fisico per tranquillizzarmi, se non ho vicino qualcuno sto male…adesso sento il bisogno di diventare io stesso accogliente e rassicurante per il mio bambino interiore”

Infine, alcuni hanno ammesso la difficoltà nello “stare fermi”:

“a inizio emergenza non ne volevo sapere di rimanere in casa…sottovalutare il pericolo era solo un modo per non fermarmi con me stesso, perchè avevo paura di incontrarmi…di entrare nelle parti più buie e dolorose di me, quelle parti che avevo sempre nascosto tra serate in discoteca, pomeriggi in palestra, appuntamenti di lavoro frenetici…”

Questi sono solo alcune delle consapevolezze emerse in queste giornate stra-ordinarie.

Il mio augurio è quello di riuscire a prenderci davvero un momento con e per noi stessi…
avere il coraggio di contattare la paura, non solo quella di ammalarsi, ma quella ben più radicata di guardare la nostra vita, e chiederci se siamo esattamente chi, dove e con chi vorremmo essere.

E soprattutto, ricordarci di tutto questo quando l’emergenza sarà passata.

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