Sai afferrare quella mano?

“so che mi avevi detto di scriverti, ma faccio sempre un sacco di fatica perché penso di disturbarti…”

“mi sento ripiombata nell’angoscia di quando ero piccola, vorrei tanto uscire da qua…che qualcuno mi prelevasse via…”

Cosa accomuna queste due sedute di oggi?

La grande, enorme, spaventosa fatica nell’afferrare la mano che potrebbe aiutare.

Spesso si pensa che chi è in difficoltà si aggrapperebbe a qualsiasi cosa pur di star meglio..
Non è cosi per tutti.

Eppure quella di aggrapparsi è una tendenza innata.

Pensate al bambino, che da subito stringe nella sua manina il dito dell’adulto, fiducioso di trovare in lui il supporto per i suoi movimenti impacciati o per i primi passi.
Invece, a volte qualcosa va storto e quella capacità innata di ricercare un appoggio nei momenti di difficoltà si perde completamente.

Gli adulti “faccio tutto da solo” sono stati bambini che non hanno sperimentato appieno il legame di sicurezza: la loro richiesta d aiuto spesso è caduta nel vuoto, non hanno trovato una mano pronta a sorreggerli, oppure quella che hanno trovato era troppo debole…poco sicura.

Per questo nella vita adulta, e anche in terapia, queste persone fanno così fatica a cercare la mano: temono inconsciamente di ripassare dalla delusione, dalla caduta, dal dolore.

Ma se non facciamo un’esperienza reale e nutriente di etero-supporto, non potremo mai arrivare all’autosostegno efficace.

In alcuni casi la terapia serve a ricontattare e soddisfare bisogni primordiali sopiti…come quello di stringere una mano se sto per scivolare giù nel mio mare.

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